Dicono Di Lui

[…]Così il nero che come un immenso letto, lenzuolo di quiete e di riposo, fa trionfare la sagoma nuda perfetta, fluttuante, abbandonata, della “Bagnante”, mentre in fondo alla spiaggia…nera, che dà un senso di deserto e, ecco ancora, solitudine di quiete, in fondo si intravede la striscia azzurrata di mare e l’orizzonte verdastro e bianco di un cielo dei sogni, più immaginato che vero, un dipinto allegorico, direi, dove il corpo trionfa.

E in Grande il corpo sempre trionfa, come scrive Maria Teresa Orengo… “Tema centrale nella poetica di Luigi Grande è la figura umana, sia essa in rapporto con la natura, con lo spazio, sia essa ritratto, e raffigurazione di un corpo” o, ancora, come scrive Vico Faggi, poeta caro a me quanto a Grande: “Nudo stante, nudo giacente, o inclinato, o colto nella tensione del moto: e sempre viene in luce.

Mario Dentone

[…]Ecco da una parte l’opulenza del governo dei segni di questa sua ormai non breve vicenda espressiva e, dall’altra, la sotterranea eloquenza lirica del figurare…Sono proprio due degli elementi fondanti che indicano oggi nel nostro Luigi Grande davvero uno tra i più appartati ma sicuri pittori d’immagine italiani, per questo suo essere intenso e persuasivo poeta dell’inquietudine e della memoria, dell’indicibile umano di questi nostri anni difficili…

I suoi ritratti, i suoi corpi, i suoi paesaggi, sono sempre scossi, parzialmente nascosti, squilibrati o fuori fuoco rispetto alla “normalità”. Il non finito è qui una sorta di tremito partecipativo, il portato allusivo di una solidarietà – dicevo –  sentimentale: una commozione interiore dell’idea poetica che sostiene la figura, e che non può, che non per osare, riferire una tale incertezza della realtà, una simile indeterminatezza umana in termini, appunto, realistici.

E dunque quegli spazi torbidi, quelle assenze o sospensioni, quei tali sghembi, quei flou dei personaggi e dei luoghi sono proprio quello che sembrano: accenti d’allarme e testimonianza. Sono, insomma, come il singhiozzo frammentato di un verso.

Giorgio Seveso

[…]Si esprime prevalentemente in forme neo-espressioniste (con una tendenza allo sconfinamento nell’informale della materia) l’immagine che scaturisce dalla sua pittura, pur saldamente legata alla figurazione, è un’immagine mentale e interiorizzata e la pittura stessa non è vissuta nella sua dimensione tecnica, ma è piuttosto considerata in termini surrealistici come un automatismo psichico che trascrive la difficile mediazione tra il mondo interiore dell’artista e il mondo esterno cui egli si rapporta…

Sandra Solimano

[…] Guardo i suoi quadri e mi rendo veramente conto che la sua è una pittura “ex abrupto”. Una pittura a bruciapelo.

La pennellata arriva sulla tela carica di tensione psicologica, esistenziale. I suoi uomini e le sue donne sono sempre sorpresi in un gesto fuggevole, inquieto, spia di un panico interiore, a cui la natura partecipa.

La radice remota di una tale pittura è certo nell’espressionismo, ma il pathos che vi si esprime non è per questo meno attuale. Grande intuisce il senso di questo panico dell’uomo d’oggi e tramite le sue qualità emozionali ce ne dà “notizia”.

Mario De Micheli

[…] Nella pittura di Luigi Grande il colore – vuoi matericamente scaricato sulla tela a colpi di spatola o a lunghe e vigorose pennellate, vuoi delicatamente modulato e sfumato, quasi semicancellato – riveste una funzione che potremmo definire, triadicamente, costruttiva, espressiva ed evocativa.

Ed ognuno di questi tre aggettivi, che non vanno disgiunti, che anzi si rafforzano l’un l’altro, allude a qualcosa di non vano o illusorio, qualcosa di precisamente definibile in termini di percezione e valutazione estetica.

Vico Faggi

[…] Costruire un paesaggio composto di alberi – cielo – erba – mare – case – colline – monolitico insieme di forme percepite come presagi e la cui valenza panica “satura” il visivo mentale di Grande – è un pretesto e insieme occasione per liberare il sovversivo desiderio di straniare il reale.

Così il “tremore” differito ovunque (nei quadri narrativi) qui, nel paesaggio “naturale”, implode e vertiginosamente fila verso il fuoricampo che lo respinge in un effetto di risonanza drammatica, nel cuore di ogni figura.

Tutto il reale è minacciato da un crollo imminente, ma “resiste”.

Un vento psichico attraversa e scuote ogni presenza.

Franco Lecca

[…] E qui è, mi pare, il senso sottile di una ricerca proiettata interiormente, nutrita di conoscenze oggettive e soggettive, di partecipazioni sensibili oltre la visibilità generale, in un incrocio, direbbe Merleau Ponty, fra occhio e spirito.

Ed è qui che l’osservatore dovrebbe sostare con la propria riflessione, avvertendo nella rappresentazione l’aderenza percettiva dell’artista, il cumulo degli effetti intellettuali e degli affetti che hanno nutrito e che nutrono, il fantasma dell’arte al di là d’ogni precostituito ordine referenziale di natura mimetica.

Germano Beringheli